26/12/2018

E’ nostra consuetudine dedicare al Professore Raffaele Lauro l’intervista di fine anno che questa volta è articolata in due parti: la prima sulla politica italiana cui Lauro, in quello che è stato un anno sabbatico, ha dedicato una speciale attenzione pubblicando in formato eBook  “L’Italia sul Baratro” che raccoglie tutte le pagine del diario politico-elettorale, pre e post elezioni del 4 marzo scorso e che tanto successo ha riscosso presso i nostri lettori (tuttora è scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale dell’Autore www.raffaelelauro.it).

D.: Concluso l’anno sabbatico, il 2019 segnerà un ritorno del “prof” alla politica attiva o alla scrittura narrativa, dopo i successi degli ultimi anni, esplosa dopo aver lasciato la carriera prefettizia e il Senato della Repubblica?

R.: In questa fase della storia nazionale, la politica appare come il luogo della confusione, dell’incompetenza e dell’arroganza. Nel mio diario politico avevo sottolineato il “baratro” che si stava preparando per il nostro paese, ma non potevo immaginarne, fino in fondo, il punto di caduta. Allo stato, comunque, non ancora concluso, anche se la democrazia parlamentare appare chiaramente al collasso. Di contro, la vecchia classe dirigente continua ad accusare i nuovi governanti di cecità e di propagandismo, a ragione e a torto, ma senza aver compiuto finora un’analisi seria, approfondita e autocritica, delle proprie responsabilità e degli errori commessi, nella passata legislatura, nel governo del paese.

D.: Si riferisce al PD di Renzi? Alla sinistra post-comunista? Alle truppe berlusconiane allo sbando?

R.: Anche io ho creduto, per un attimo, nel progetto politico di Renzi, purtroppo mi sono reso conto subito che il suoi metodi di governo, affetti dai tradizionali mali italiani, dal familismo, dal clanismo, dal propagandismo, nonché da uno stucchevole e irritante leaderismo, non differivano di molto da quelli del quindicennio berlusconiano e da quelli dell’ultima fase della prima repubblica, in disfacimento.

Ha ignorato il malessere sotterraneo che serpeggiava nel paese e sul web. Come lo aveva ignorato Berlusconi, con il fallimento della cosiddetta “Rivoluzione Liberale”. La sinistra post-comunista, dal canto suo, ridotta al lumicino, è fuori dalla realtà, ragiona in termini ottocenteschi e non si è ancora resa conto che il mondo è cambiato, a partire dal lavoro e dalla sua rappresentanza, politica e sindacale.

D.: Di queste fasi successive di crisi istituzionale, politica e partitica della nostra democrazia, è stato un testimone diretto, con ruoli di alta responsabilità: capo di gabinetto di ministeri-chiave, anche economici, commissario straordinario del governo, parlamentare, presente attivamente in commissioni di rilievo, come affari costituzionali, finanze, RAI e antimafia. Si sente, in qualche modo, corresponsabile di questo fallimento?

R.: Potrei invocare, a difesa, i miei contributi, dal Viminale, alla legislazione antimafia e alla lotta intransigente a tutte le criminalità organizzate, il rimpatrio con un ponte aereo di 25.000 clandestini albanesi, lo scioglimento di decine di comuni inquinati dalla mafia, un piano nazionale di politica industriale, prima della crisi monetaria 2007/2008, mai approvato dal governo Berlusconi, il mio contrasto al racket e all’usura, da commissario straordinario, con atti che hanno fatto storia, come la denunzia dell’usura bancaria, le mie cinquanta proposte legislative, costituzionali e ordinarie, e, non da ultimo, la battaglia contro il gioco d’azzardo. Su quello che ribolliva nelle “viscere” del paese e nella “fogna” del web, generando rabbia, odio sociale e sfiducia, specie presso le nuove generazioni, a causa anche delle crescenti patologie sociali (disoccupazione giovanile, omologazione culturale, droga, bullismo, violenza sulle donne, gioco d’azzardo, desocializzazione di massa), ho sempre attirato l’attenzione dei vertici, anche sulla stampa, ma i miei appelli sono sempre caduti nel vuoto. Nonostante questo mio impegno cinquantennale nell’insegnamento prima, sia liceale che universitario, e nella vita pubblica dopo, con pesanti sacrifici personali, mi sento moralmente corresponsabile di questo fallimento, che ha prodotto lo tsunami elettorale del M5S e la deriva nazionalista della Lega di Matteo Salvini. Le due forze politico-parlamentari, rivali in campagna elettorale, poi innaturalmente alleate, al governo del paese, in rissa quotidiana su tutto.
 

D.: Rinunzia definitiva, quindi, all’impegno politico diretto, a livello nazionale e locale?

R.: Sul piano locale, certamente, per due ordini di ragioni. Il primo: nutro il convincimento che i giovani si debbano impegnare, sempre più, nella vita amministrativa locale. Il secondo: amo Sorrento e la Penisola Sorrentina. Sono stato eletto per due volte nel consiglio comunale di Sorrento ed ho ricoperto diversi incarichi nelle giunte municipali, tuttavia, nonostante il mio attivismo in diversi settori, non credo di possedere più, a quasi settantacinque anni, le energie sufficienti per amministrare di nuovo con la necessaria determinazione e con un impegno costante. D’altro canto, sono un fiero avversario di quelli che credono nell’immortalità del (loro) potere, personale e familiare. Disapprovo le dinastie, specie nelle amministrazioni locali. Producono grumi di interessi, alleanze poco trasparenti, blocchi di potere.
 

D.: A livello nazionale non vigono le stesse ragioni ostative?

R.: Non sussiste dubbio. Anzi, a maggior ragione, i figli o parenti di parlamentari, candidati, al posto dei genitori, nello stesso collegio elettorale, rappresentano la conferma del peggiore familismo e clientelismo politico. Da padre in figlio, come se il collegio e l’elettorato di riferimento fossero un bene ereditario, alla faccia della democrazia e della libertà di voto. Anche questo malcostume ha prodotto il successo dei grillini.
 

D.: Quindi?

R.: Parliamoci chiaro, l’età peserebbe anche su un rinnovato impegno politico nazionale. Sono un sostenitore di due mandati parlamentari, al massimo. Ma sono stato senatore per una sola legislatura. Se, come ho concluso nel mio pamphlet, si dovessero determinare, nei prossimi mesi, condizioni di emergenza democratica, con minacce alla sicurezza delle istituzioni repubblicane, fondate sui principi della Carta Costituzionale del 1948, non esiterei a scendere di nuovo in campo.
 

D.: Torna di certo alla narrativa, nel 2019, tenendo sotto osservazione gli eventi governativi. Con quali progetti?

R.: Una nuova trilogia, una trilogia di eccellenze italiane, dopo “La Trilogia della Vita” che pubblicai negli anni Novanta. Tre romanzi di facile lettura, dedicati a tre personaggi, di mia personale conoscenza e amicizia, che onorano il genio italiano, in tre campi di attività: la creazione artistica delle fragranze e dei profumi, la chirurgia estetica, l’impresa e la filantropia in un paese del continente africano. Usciranno anche in inglese e francese.
 

D.: Un impegno triennale, non da poco!

R.: Stanno tutti nella mia mente. Ci ho rimuginato per mesi. Cercherò di partorirli nel più breve tempo possibile.

Buon lavoro, Prof!

(1° parte)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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