28/05/2016
di Leonilde Zuccari
Raffaele Lauro (Sorrento, 1944), illustre accademico, è molto attivo anche nel campo della politica. Ha ricoperto infatti importanti incarichi istituzionali di Prefetto della Repubblica, di Capo di Gabinetto di diversi Ministeri, di commissario straordinario del Governo per la lotta al racket e all’usura e di senatore della XVI Legislatura (2008-2013). Come scrittore, si contraddistingue per acume critico e prolificità. È giunto ormai alla quattordicesima opera narrativa, dopo aver esordito, nel 1987, con Roma a due piazze, edito da CEI (Premio Chianciano di Narrativa 1987 Opera Prima). Da quel momento la sua penna molto importante non si è più fermata, portando alla luce una cascata di pubblicazioni, compresi i tre romanzi de La Trilogia Sorrentina. Concepita come un triplice omaggio alle sue terre natali, dopo i romanzi Sorrento The Romance. Il conflitto, nel XVI secolo, tra Cristianesimo e Islam e Caruso The Song. Lucio Dalla e Sorrento, entrambi editi dalla GoldenGate Edizioni rispettivamente nel 2013 e nel 2015, Dance The Love. Una stella a Vico Equense, in uscita nell’estate del 2016 sempre con la GoldenGate Edizioni, ne costituisce un’ottima conclusione. Nell’intervista che noi del www.giornaledelladanza.com gli abbiamo voluto rivolgere, in anteprima di pubblicazione, Raffaele Lauro ci parla del suo romanzo dedicato alla grande danzatrice russa, Violetta Elvin. Oltre a svelarci aneddoti importanti relativi alla genesi del testo (copertina, titolo e fase di elaborazione), si sofferma sul suo rapporto con la Danza. Ci racconta di cosa lo lega a quest’arte molto affascinante e alla danzatrice Violetta Elvin. Inoltre dall’intervista emerge lo sguardo al futuro di Raffaele Lauro. Ad esempio abbiamo scoperto che gli piacerebbe scrivere un libro anche su Roberto Bolle.
Da cosa deriva la scelta di un titolo bilingue? Come è nato questo titolo?
Tutti i titoli dei tre romanzi sono globali, per il web, per i motori di ricerca, oltre ad esprimere, con i sottotitoli, i contenuti, imperniati sull’articolo inglese “The”. Sorrento, quindi, è (The) Romance, la terra del sogno e dell’amore romantico, donde si parte e si ritorna; Caruso è (The) Song, la canzone per eccellenza, la melodia immortale, conosciuta in tutto il mondo; Dance è (The) Love, l’amore per l’arte e per la vita, tautologico. Potrebbe essere anche: Love The Dance.
Ci descrive la copertina del libro e ci svela quali importanti significati simbolici si celano dietro?
La copertina sintetizza le tre tappe, esistenziali e artistiche, di Violetta Elvin. Le sue tre “patrie”: Mosca, Londra e Vico Equense. La scintillante facciata del Teatro Bol’šoj, dove studia ed esordisce. Il suo profilo, a Londra, mentre danza, al culmine del successo, ne La bella addormentata, con il Royal Ballet di Ninette de Valois e di Frederick Ashton. Il profilo di Vico Equense, dove si rifugia, per amore, dopo aver abbandonato, nel 1956, il palcoscenico. E’ il panorama che donna Violetta ammira, da circa sessant’anni, dalla terrazza del suo palazzo.Ci può parlare delle varie fasi di composizione della sua opera? Immagino essa sia stata il frutto di un lavoro lungo e impegnativo.
Due anni dalle conversazioni registrate (un documento prezioso, che resterà riservato!). Poi, le ricerche storico-politiche, la documentazione sulla storia del balletto, specie russo e inglese, le biografie dei grandi personaggi storici, da lei incontrati, le testimonianze di altri protagonisti, tra le quali, quella, essenziale, del figlio Antonio Vasilij, chiamato dalla madre affettuosamente Toti.
Questo libro conclude la sua bellissima trilogia, “La Trilogia Sorrentina”, che è soprattutto un triplice omaggio alla sua terra natale. Quanto, infatti, si può parlare di una sorta di autobiografismo insito nei luoghi del romanzo?
Gli “occhi” dei protagonisti dei tre romanzi, il patrizio sorrentino, Marino Correale, il grande artista bolognese, Lucio Dalla, e la celebre danzatrice russa, Violetta Elvin, sono i miei stessi occhi, quando celebro le bellezze naturali della mia terra, un microcosmo straordinario di natura, storia, cultura e tradizioni popolari. Tuttavia, non si tratta di un’operazione artificiosa, in quanto esiste una convergenza tra i loro sentimenti e i miei, per verosimiglianza storica (Marino Correale) o documentati storicamente (Lucio Dalla e Violetta Elvin). Lucio scrive a Sorrento il suo capolavoro, Caruso. Violetta si innamora, nel 1951, prima dei luoghi e, poi, dell’uomo della sua vita, Fernando Savarese.
Lei afferma che sente la sua creazione come un atto d’amore nei riguardi dei suoi luoghi natali, declinato attraverso la Danza. Nelle due pubblicazioni precedenti, per lo stesso fine, ha scelto, invece, la Storia, la Fede e la Musica. Ecco, perché ha scelto la Danza?
Ho sempre amato la danza, il balletto. Da giovane assessore alla Cultura di Sorrento, ne sono stato un promotore. Ho sempre esaltato il legame tra Positano e la Danza, nel ricordo di Léonide Massine e di Rudolf Nureyev. Sono un estimatore di Roberto Bolle. Il percorso circolare della mia trilogia deriva direttamente dalla mia formazione religiosa, filosofica ed estetica: cattolico praticante, provvidenzialista; professore di filosofia e storia (Hegel e Croce); erede di una famiglia di melomani pucciniani (mio nonno Raffaele e mia madre Angela) e, infine, innamorato della bellezza dei corpi in movimento, espressione di sangue e di passione. Per l’Amore, nel quale vivono anche i nostri amori, gli amori terreni, lo giudico l’inizio e la fine di qualsiasi percorso, sia individuale che universale.
Come ha costruito il personaggio della protagonista e, soprattutto, perché ha scelto di scrivere un libro proprio su questa meravigliosa danzatrice russa?
Ho beneficiato di alcune conversazioni riservate con donna Violetta. Rigorosamente dopo le cinque di pomeriggio. Ho scoperto non soltanto una grande artista, dalla classe immutabile, dopo quasi sessant’anni, ma anche una donna magnetica, affascinante, coraggiosa, raffinata, colta e appassionata, ancorché con una vita riservata e sobria. I suoi ritmi biologici sono gli stessi dell’epoca d’oro. Sale le scale a piedi e passeggia tutte le sere, anche quando diluvia su Vico Equense. Stupisce come segua ancora tutto: la danza contemporanea, la politica e le vicende mondiali. Mantiene relazioni telefoniche con i suoi pochi colleghi superstiti, gli ammiratori londinesi e i giovani artisti. Anche se il mio romanzo non è e non vuole essere la biografia ufficiale di Violetta Elvin, trova ispirazione nella sua vita di artista e di donna.
Oltre a Violetta Elvin, su quali altri danzatori, qualora ne avesse la possibilità, scriverebbe un altro eventuale libro?
Su Roberto. Su Roberto Bolle. L’ho ammirato spesso al Teatro dell’Opera di Roma. In una di quelle occasioni, l’ho anche conosciuto e complimentato. Mi affascina la sua arte, ma mi intriga il mistero che cela dentro, il suo mondo interiore, che intuisco essere ricchissimo e inesplorato. Gli manderò il romanzo su Violetta Elvin, come auspicio, e sono certo che lo apprezzerà, perché, come tutti i miei romanzi, è stato scritto con il cuore. È Amore.
La cornice del Suo romanzo è rappresentata dalla Danza. Cosa pensa nei riguardi di quest’arte molto affascinante?
La Danza è Vita. Farei studiare danza in tutte le scuole, a partire dalle elementari. Niente forma di più il carattere di una persona, quanto la disciplina e il rigore della danza. Con la musica, la danza rappresenta la forma d’arte più antica e più moderna. Nei dialoghi del romanzo, questo tema occupa un posto centrale.
Quando verrà pubblicato “Dance The Love – Una stella a Vico Equense”? Cosa si aspetta dal pubblico e dalla critica?
A fine luglio 2016, con l’anteprima, naturalmente, a Vico Equense, in una serata in onore di Violetta Elvin. La giovane novantatreenne! Poi, il romanzo inizierà, in autunno, il suo cammino, nelle capitali della danza. Il successo, inatteso, dei primi due romanzi, mi conforta anche sull’accoglienza, da parte del pubblico e della critica, del terzo. E’ una grande, straordinaria, incredibile ed emozionante storia d’amore per l’arte, per la vita e per la propria terra! La gente, i giovani, oggi più che mai, hanno bisogno di amare, di sognare e di commuoversi, specie quando le storie sono vere e non fiction televisive. Senza trascurare il valore simbolico di questo libro per i cosiddetti ballettomani (gli indici sono una sintesi intelligente di tutta la storia del balletto!) e didascalico per i giovani, che studiano o aspirano a studiare danza.
Progetti per il futuro? Ha altri manoscritti nel cassetto?
Volevo riposarmi, un poco, ma i segnali che ti arrivano, da visionario, non bisogna mai trascurarli. Il prossimo romanzo riguarderà l’epoca d’oro della canzone napoletana, di fine Ottocento e dei primi decenni del Novecento, attraverso uno dei suoi maggiori protagonisti. Lucio Dalla mi ha condotto per mano su questo nuovo obiettivo e io, ancora una volta, lo seconderò. In un’intervista, su Rai Uno, nel dicembre del 2001, Lucio affermò che, nella classifica mondiale dei capolavori musicali del Novecento, il primo posto non spettava a Imagine di John Lennon, ma a Era de maggio.
Per concludere, può citarci una frase del libro che Lei considera particolarmente rappresentativa?
Sì, le parole-bilancio di Violetta Elvin: “La Russia è stata la patria della mia nascita, della mia infanzia, della mia giovinezza e della mia formazione professionale, al Bol’šoj. L’Inghilterra è stata la patria della mia maturità artistica, della mia carriera e dei miei successi di danzatrice, con il Royal Ballet. L’Italia è stata la patria del mio vero amore, della mia lunga vita e della mia vicenda di donna, di moglie e di madre, vissuta nell’intimità familiare, nella serenità, nella discrezione e nella sobrietà. Quando venivo in tournée in Italia, a Milano, a Firenze, a Roma e a Napoli, nel poco tempo strappato alle prove e alle repliche, mi richiudevo, da sola, nei musei, nelle gallerie, nelle chiese e nelle pinacoteche. Il vincolo con l’Italia, successivamente, è stato alimentato dai mille viaggi, che abbiamo fatto, Fernando e io, sempre insieme, per scoprire le regioni, le città, i paesi e i borghi. Ed è stato consolidato, poi, dalle bellezze naturali della costiera sorrentino-amalfitana e di Vico Equense. Se qualcuno mi chiede, scusi, lei ha avuto tre passaporti, uno russo, uno inglese e uno italiano, ma di quale nazione si sente maggiormente cittadina?, io rispondo che mi sento cittadina di tutte, perché io sono una cittadina del mondo. L’arte universale, per me la danza, trasforma tutti gli artisti in cittadini del mondo!”.