30/11/2013

Dal 30 Novembre al 31 Dicembre 2013 nella Penisola Sorrentina (Napoli) -

E' possibile conoscere e amare Sorrento, la sua storia, le sue tradizioni, il suo fascino e i suoi sapori e odori anche attraverso un libro e un sito web www.sorrentotheromance.com che narrano una storia di uomini e donne, una tragedia immane che sconvolse la Terra delle Sirene attaccata dai Turchi nel 1558.

Raffaele Lauro, professore già prefetto e senatore della repubblica, è l'autore del romanzo storico "Sorrento The Romance" che, dopo l'anteprima nazionale a Roma, inizia da oggi un vasto tour di presentazioni in Penisola Sorrentina, in Italia e in tutt'Europa per il fascino di una storia che va oltre sè stessa e diventa anche un forte attrattare di conoscenza per chiunque ami l'Italia.

Ne parliamo con l'Autore, giunto alla sua decima opera letteraria, dopo l’esordio, nel 1987, con “Roma a due piazze”, edita dalla Compagnia Editrice Italiana, con la quale ottenne il “Premio Chianciano Narrativa Opera Prima”. Quel felice esordio fu confermato, poi, dal successo del romanzo storico “Il sogno di Pedro”, edito, nel 1993, da Rusconi Editore.

Partiamo dal titolo. Perché “Sorrento The Romance”?


Sorrento, perché affronta l’immane tragedia, patita dai sorrentini e dai massesi, il 13 giugno del 1558, quando la nostra città, dopo Massa Lubrense, per un’intera giornata, fu orrendamente saccheggiata, incendiata, profanata e parzialmente distrutta, dai turchi dell’ammiraglio Piyale Pasa, sbarcati, prima a Marina del Cantone e, poi, alla Marina Grande, da una flotta di 130 galee ottomane. Una sciagura immensa, di cui, a Sorrento, non vi è memoria, essendo stata totalmente rimossa dalla coscienza collettiva. I dati storici parlano chiaro: oltre alle migliaia di morti, decapitati e sventrati a colpi di scimitarra, furono trascinati in ostaggio, ad Istanbul, più di 2000 persone, tra massesi e sorrentini. The Romance, perché gli eventi storici sono intrecciati con la vicenda umana, avventurosa e romantica, del protagonista, il sorrentino Marino Correale, frutto totale della mia invenzione narrativa, anche se trattata, manzonianamente, con il criterio della verosimiglianza storica.

Una grande epopea culturale, dunque, che servirà alle comunità della Penisola Sorrentina per prendere coscienza del loro passato?


Mi auguro che questa mia fatica, costata quattro anni e mezzo di duro impegno, specie negli ultimi mesi, possa offrire un contributo alle nuove generazioni per recuperare alla memoria una vicenda drammatica, causata dalla stoltezza e dalla inettitudine dei governanti dell’epoca. Aspira ad aprire un dibattito culturale con le amministrazioni locali, con le forze politiche e sociali, con le istituzioni e le associazioni culturali, con il mondo dell’impresa alberghiera e del lavoro, per approfondire il futuro di Sorrento e della Penisola Sorrentina. In grado anche di offrire ai turisti, che verranno a Sorrento, un grande affresco storico sulla nostra amata città. A livello nazionale e internazionale, offrirà un approfondimento sullo scontro di civiltà tra Cristianesimo e Islam, nel XVI secolo, che permane, più che mai, ancora oggi, sullo scenario doloroso, turbolento e sanguinoso della storia contemporanea. Lo stesso tema del “sogno” dell’architetto Pedro Machuca, che costruì, per incarico di Carlo V, a Granada, sull’Alhambra, il palazzo che sfidava l’Alcazar moro.     

Come viene rappresentato questo scontro epocale, nel romanzo?

Il romanzo, come ne “Il sogno di Pedro”, costituisce la metafora di questo scontro di civiltà, che, nella aspirazione testamentaria del protagonista, potrà e dovrà trasformarsi in convivenza pacifica, tra tutte le religioni monoteiste, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam, purché la politica, alla ricerca del potere, non continui a strumentalizzare, come avvenuto finora, le religioni e la rivelazione divina. Marino Correale, da cristiano, si converte all’Islam e, successivamente, si riconcilia con il Cristianesimo, rifugiandosi, infine, a Sorrento.

Un’opera anche dai contenuti filosofici e religiosi, oltre che politici e diplomatici?

Certamente. Dalla devozione dei sorrentini al patrono Sant’Antonino al Libro del Profeta; dalla filosofia di Platone e Aristotele ad Averroè, il cui assunto condivido: la ricerca della verità, attraverso la filosofia, non confligge con la rivelazione divina, sia essa calata nel Talmud, nella Bibbia o nel Corano.
 
I luoghi della vicenda storica, quindi, non sono ristretti a Sorrento?


Affatto. La vicenda umana di Marino Correale si snoda tra Sorrento, prima e dopo il saccheggio, la corte dei sultani ottomani, Solimano il Magnifico e Selim II, la Serenissima Repubblica di Venezia, la battaglia di Lepanto del 1571, le carceri di Madrid, con il processo dell’Inquisizione Spagnola, la condanna, la ventennale prigionia all’Escorial, la riconversione al Cristianesimo e il rientro a Sorrento, dove si ritira, come frate Antonino, in convento, in anonimato, e dove muore, all’alba del 13 giugno del 1600, all’età di 60 anni.

Si tratta di un impegno poderoso, basato su ricerche storiche?

Ho dovuto attingere a fonti originarie, perché gli autori locali di storia patria, nei secoli successivi, hanno utilizzato, in modo talvolta contraddittorio, sempre le stesse notizie.

Quali sono state le fonti originali?

Innanzitutto, le relationes degli arcivescovi di Sorrento al papa, prima e dopo il saccheggio; gli atti dei notai, per le successioni ereditarie dei morti presunti; le petizioni dei pianesi al Viceré di Napoli e alla corte di Spagna, contro le angherie fiscali dei nobili sorrentini; i documenti, anche anonimi, rintracciati nella Biblioteca Nazionale, nell’Archivio Vaticano e in quello dell’Arcidiocesi di Sorrento; le relazioni degli ambasciatori veneti e dei baili, presso la Sublime Porta; le opere dei filosofi arabi; i dispacci segreti dei Gran Visir; la saggistica storica sul XVI secolo, a partire da Ludwig von Pastor; lo studio degli atti del Concilio di Trento e delle sure coraniche, nelle diverse interpretazioni. Mi fermo qui. A livello locale, i recenti saggi sul periodo storico degli indimenticabili Benito Iezzi e don Gabriele Russo, del collega Vincenzo Russo, dell’architetto Mario Russo, custode culturale del Museo Correale, e, in particolare, del professor Salvatore Ferraro e dell’infaticabile Fabrizio Guastafierro, i quali sono stati da me tormentati, in questi anni, di richieste, sempre puntualmente corrisposte. Questo romanzo è stato scritto anche grazie al loro contributo, per il quale esprimerò sempre profonda gratitudine, come alla bibliotecaria dell’Archivio diocesano, Maria Grazia Spano, e al mio assistente, Riccardo Piroddi.  

A chi dedica quest’opera?

A un sorrentino, il quale ha dimostrato, in vita, un grande amore per la nostra città. Il mio fraterno amico, di recente scomparso, Giannino Casola.

Quali sono le personalità storiche che l’hanno più colpita, in questo articolato percorso culturale?

Non ho dubbi: l’arcivescovo di Sorrento, monsignor Giulio Pavesi; il doge, Andrea Gritti; il Kanuni, il Magnifico Sulayman, e il Gran Visir, Sokollu Mehmet Pasa. Il primo fu il protagonista assoluto della ricostruzione, spirituale, religiosa, civile e materiale della nostra amata città. Meriterebbe una statua in piazza, al pari di Sant’Antonino e di Torquato Tasso. Il secondo, per la saggezza e la lungimiranza politica. Il terzo, per la magnificenza e per la visione strategica dell’impero ottomano. Il quarto, per la raffinata diplomazia e per la tolleranza religiosa, anche nel corso di conflitti sanguinosi, nei confronti dei cristiani e degli ebrei.

Gli altri progetti narrativi cui sta lavorando?

Da settembre ho iniziato la scrittura del prossimo romanzo, dedicato ad un grande tenore e ad un grande artista, entrambi innamorati di Sorrento: Enrico Caruso e Lucio Dalla. Con l’aiuto dei più cari amici sorrentini di Lucio.

Il titolo?

“Caruso The Song”, che riecheggerà le storie dei due artisti e il capolavoro di Lucio, che, insieme con “Torna a Surriento”, diffonde, in tutto il mondo, il nome di Sorrento. Per il 2015, completerò un vecchio progetto narrativo, su Pompei e la camorra, dal titolo, “Pompei The Prophecy”.


articolo di Vincenzo Califano
fonte www.mondodelgusto.it

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